“Dica pure ai suoi che possono spararmi” di Gian Marco Benedetto
“Dica pure ai suoi che possono spararmi“ del nuovo autore anticopyright Gian Marco Benedetto (sottotitolo “obiezione di coscienza allo stato militare”) non è solo un libro autoprodotto e autorilegabile, ma anche un esperimento di cultura libera per sostenere l’obiezione di coscienza al servizio militare e alla guerra.
Il progetto è nato senza nessun produttore/editore alle spalle, finanziato da una campagna di crowdfunding e completamente indipendente. Il lavoro è stato rilasciato in PDA (Pubblico Dominio Antiscadenza) dallo stesso autore Gian Marco Benedetti e offerto come dono/scambio perchè la cultura e le informazioni possano circolare liberamente e non servire per fare la guerra. Come le persone nel Mediterraneo.
Penso che il modo migliore di presentarlo sia mostrarne direttamente l’introduzione dell’autore e colgo l’occasione per ringraziarlo sentitamente sia per avere aderito al progetto Anticopyrightpedia che per il bel lavoro fatto.
Il testo è liberamente saricabile dal Forum di Anticopyrightpedia a questo link.
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“Hoşgeldinis!
Questo libro non ha nessun editore/produttore alle spalle, è stato “finanziato” attraverso una campagna di crowdfunding. Ai donatori, che sono i veri “produttori dal basso” va tutto il mio ringraziamento. La ritengo un’enorme soddisfazione aver lavorato assieme. Senza la vostra spinta questa macchina non sarebbe mai partita, farò del mio meglio perchè questo messaggio arrivi lontano.
Questo scritto non vuole moraleggiare o indicare scelte auspicabili. E’ figlio di un’esperienza autentica di preferenze personali vissute a cavallo di un peregrinare nella terra turca, tra in novembre 2013 e il dicembre 2014, mentre a sempre più persone veniva impedito l’accesso alla cultura, in cambio dell’ambizione, della carriera, della stima degli eserciti, dell’omologazione, dei fanatismi religiosi e soprattutto della campagna elettorale.
State per sfogliare “un atto di disobbedienza civile e solidarietà agli obiettori di coscienza al servizio militare e alla guerra” che certamente parla della Turchia perché lì è stato partorito tutto. Ma la Turchia, in realtà, non è altro che un esempio eclatante.
Vorrei si tenesse presente che lo stato moderno Turco nasce prima della Repubblica italiana, quando il famoso Ataturk fece esplodere una rivoluzione borghese e militare contro lo stato ottomano e contro gli invasori stranieri, con una forte carica anti-slamica e burocratico-militarista, che oggi è ben visibile in molti aspetti della società, incentrata sull’idea che sia lo Stato a dover dire al cittadino cosa fare e non l’opposto, dove chi sta al potere, da oltre un decennio, propone politiche di tipo paternalistico, tanto maggiori quanto esiste percezione che i propri valori siano minacciati. Anche per questo parlavo di esempio eclatante.
Bisogna ammettere che per la prima volta dopo gli anni ’80, la rotta si è invertita, con il movimento di protesta nato intorno a Gezi park. Sono stati i cittadini a reclamare partecipazione e ad intervenire a difesa dei propri interessi, che sentivano minacciati. Nel passato questi stessi sentimenti venivano espressi da gruppi di potere che si combattevano per l’egemonia.
E così la storia recente della Turchia è costellata di colpi di stato. Non è mai esistito un maggio francese o un 77 italiano. Solo adesso per la prima volta si reclama la necessità di far cessare la sudditanza a favore dell’impegno e dell’auto-organizzazione.
Ma non si pensi che sia in atto una rivoluzione, l’idea diffusa é che serva uno “Stato forte”. Le elezioni presidenziali di Agosto non ne sono una prova ma una conferma.
La centralità dell’elemento statuale si allarga poi alla religione che é stata, soprattutto nei periodi di invasioni e occupazioni, anche un vero e proprio strumento di difesa territoriale e identitaria. In questo senso si é diffusa una cultura della “sicurezza prima di tutto“, come una richiesta di forti istituzioni che sappiano sconfiggere le “minacce” esterne.
Contro un sistema teso al massimo rigore nell’assolvimento dell’obbligo di leva, che prevede sanzioni penali in caso di rifiuto e senza la possibilità di soluzioni alternative, non si può non accennare alla presunta tutela del diritto internazionale e alla Convenzione dei diritti dell’uomo.
Bisogna ricordare, infatti, che le decisioni delle corti turche, sono oggetto di numerose critiche da un punto di vista giuridico.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo pronunciandosi nel 2011 con la sentenza della grande camera (1), ha ribaltato una decisione della terza sezione, motivando che lo stato turco non ha adottato all’interno del proprio ordinamento disposizioni rispettose dei principi stabiliti dalla norma che protegge espressamente la libertà di pensiero, coscienza e religione in materia di obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio e ha condannato lo stato turco.
Parrebbero aprirsi nuove prospettive, ma è effettivamente ció che accade? A cosa, o a chi dovrebbero sentirsi vincolati i giudici turchi? Alla normativa nazionale e alla giurisprudenza interna o ai precetti internazionali?
Lo stato turco affonda le proprie radici sul militarismo. Per questo l’approccio di un obiettore di coscienza viene considerato un approccio antisistemico e gli obiettori tacciati di essere sovversivi e la loro condotta di insubordinazione alla nazione.
Ecco perchè affronterò una serie di questioni, trattate in differenti capitoli, che potrebbero apparire agli occhi del lettore occidentale sconnesse con il titolo di questo volume ma che invece seguono il medesimo filo rosso.
Cosa c’entra la questione omosessuale? Quella femminile? Quella di kurdi e armeni? La politica di Erdogan e dell’AKP? Perché parlare di genocidio o ancora follia, devianza e amore se si parla di servizio militare obbligato e dell’obiezione di coscienza?
Tenterò di ripercorrere quanto esposto tenendo anche presente che gli stati europei, tra i quali l’Italia, intrattengono relazioni commerciali, finanziarie e diplomatico-militari con lo stato Turco, che poi condannano con le proprie corti e a cui tendono la mano, vista la sua crescita economica positiva, anche alla luce della sua eventuale e dibattuta adesione all’Unione Europea.
Si apre la questione della frattura tra diritto e morale, se applicare la legge significhi sempre esercitare la giustizia, tenendo legato l’aspetto etico e quello giuridico, per discutere di un conflitto umano senza tempo.
Se fossi un attore scenderei dal palcoscenico per sedermi in mezzo al pubblico e scoprire altri punti divista meno gerarchici. Jodorowsky dice che l’ego possiede quattro centri ciascuno dei quali ha il proprio modo di esprimersi: il linguaggio dell’intelletto si concretizza nelle idee, quello del cuore nelle emozioni, quello del sesso nei desideri e quello del corpo nelle azioni. La saggezza interiore starebbe nel tradurre le lingue differenti di questi centri e far sì che diventino compatibili tra di loro.
Un famoso slogan antimilitarista recita che l’uomo finisce dove comincia il soldato.
Tra Uomo e soldato non vedo al momento molte differenze. L’ uomo esegue nella stessa maniera tanti ordini e neanche sa di farlo, si nutre del più debole e uccide gratis.
Ho deciso di parlare delle scelte politiche e militari per smascherarne gli alibi dietro ai quali si nascondono le guerre. Ho anche provato vergona a seguire le vicende internazionali e leggere i commenti di quanti, per il solo gusto della polemica, seduti comodi sul proprio divano, hanno aperto la bocca per il gusto di riempire lo spazio virtuale con monologhi o teorie, prese in prestito o fatte combaciare con il quotidiano vivere di chi ha perso la dimensione di cosa sia reale eppure si ostina a voler indicare cosa sia normale e giusto e cosa no. A tutti coloro a cui questa società dello spettacolo ha imprigionato il corpo-mondo in tastiera-like, vanno le mie sentite condolianze, l’unico modo per masturbarvi, separato il corpo dalla mente è nutrire il vostro ego. Avrei preferito anzi il silenzio alle inutili cattiverie gratuite, gridate per il solo gusto di dare aria alla bocca.
Quale successo avrà questo libro non m’interessa ma mi preoccupa dal momento che nell’occidente democratico, perduta ogni tipo di sovranità, compresa quella intellettuale, quando si vuol far tacere qualcuno, e i soldi non bastano, semplicemente, basta spegnergli il microfono.
Nel permettermi di affrontare questioni che abbiamo delegato ad “esperti”, sto autopubblicando questo libro, per mancare di rispetto a chi continua a legittimare la cultura “ufficiale”.
Io non dimentico le profezie sulle “terribili armi segrete di distruzione di massa” di Saddam, mai rinvenute, il fatto che le persone continuino ad ascoltarvi o ad invitarvi ovunque strapagandovi senza che neppure abbiate avuto la decenza o l’onestà di chiedere scusa per le menzogne con cui avete condito il fallimento delle vostre linee politiche e ingrassato l’opinione pubblica.
Ora, per esempio, mentre correggo l’ultima bozza del libro la questione centrale dei media internazionali è quella del “califfato” dello stato islamico che si va creando tra Iraq e Siria e del suo feroce trattamento dei non-musulmani.
Papa Francesco rispondendo ai giornalisti durante il suo viaggio aereo di ritorno da Seul, il 19 agosto scorso ha detto che sono le Nazioni Unite il soggetto che va investito della missione di fermare gli “jihadisti”. Strano che tra Iraq, Siria, Iran e Turchia, in un’area nevralgica, nessuno parli di chi finanzia questa gente, che appare ben provvista di mezzi e militari. A chi giova la destabilizzazione ulteriore di quell’area?
Una cosa almeno è chiara: il jihadismo, presentato come il grande rischio che l’ Occidente deve oggi affrontare, è sostenuto fondamentalmente da forze vicino-orientali (2) che si presentano come alleate dell’Occidente stesso. A che gioco stiamo giocando? Davvero pensate che siamo così stupidi da voler continuare a delegare l’ONU, che con il suo immobilismo ci ha regalato l’esito tragico della crisi israelo-palestinese, che con la sua latitanza ha consentito il brigantaggio americano nelle questioni afghana e irakena?
Non parlo di complotti, ho solo avuto la fortuna e la costanza di credere in quello che facevo e compagni che mi hanno sostenuto ed aiutato, anche materialmente, facendomi sentire ogni notte a casa mia, in ogni letto, divano o materasso in cui ho dormito, in ogni tappeto su cui ho bevuto un çay, nella camera oscura e piena di zanzare, ma soprattutto gente che credeva in quello che stavo facendo e senza cercare di ostacolarmi o rendermi la vita impossibile, mi accompagnava per la strada segnalandomi sempre la via più breve senza mai impedirmi di prendere quella lunga e non asfaltata.
Grazie a quelli che mi hanno supportato ma soprattutto sopportato. Grazie per il materiale che è stato sparso in giro.
In sintesi mi pongo il problema della legittimità del diritto di fronte a scelte dettate non da un’obiezione di comodo ma di coscienza. La risposta la lascio al lettore, pardon… agli Uomini, siateArditi!”
Gian Marco Benedetto
(Dall’ Introduzione al lettore del libro “Dica pure ai suoi che possono spararmi“)
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Note:
(1) Bayatyan c. Armenia, 7 luglio 2011, ric. N. 37334/08;
(2) gli emirati della penisola araba, la Turchia.
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